A circa 900 m di altitudine, nei pressi di Colle di Tora, un borgo edificato in una suggestiva posizione sopra una penisola che si protende nel lago del Turano, diverse famiglie di Collepiccolesi, (abitanti di Colle di Tora) per tradizione, coltiva da decenni una varietà di fagiolo del tutto particolare. Bianco, tondo, dalla buccia pressoché inesistente e dalla consistenza pastosissima, il “fagiolo a pisello” (così viene chiamato a causa della forma dei suoi semi) è coltivato quasi esclusivamente per il consumo familiare o regalato come una vera merce preziosa.
Entra nell’esclusivissimo menu di trattorie locali ed è il protagonista di una sagra autunnale. La sua fama si sta rapidamente estendendo fuori dai confini della regione, tanto che la rivista “Panorama Travel“, lo consiglia come uno dei prodotti tipici della zona di produzione che è una ristretta area sopra l’abitato di Colle di Tora denominata “i fontanili”.
In che modo, il fagiolo a pisello, è arrivato a Colle di Tora?
Questa storia è avvolta nella leggenda. Alcuni agricoltori del posto raccontano che una signora di nome Adelina, parente di un collepiccolese, partita ai primi del ‘900 per un viaggio in Sud America, tornò con un sacchetto di fagioli bianchi comprati al mercato di un paese alle falde delle Ande e ne fece dono alla sua famiglia rimasta in questo borgo del reatino. Secondo altri, invece, la donna era un’emigrante che era partita con il marito per andare a lavorare nelle miniere del Brasile, e portò i fagioli in patria come ricordo. Secondo un’altra leggenda, invece, la donna era un’emigrante che era partita con il marito per andare a lavorare nelle miniere del Brasile e portò i fagioli in patria come ricordo. In realtà, secondo il parere del Dott. Leonida Carrozzoni, collepiccolese illustre che a questo tema ha dedicato un libro denominato “Geologia del Fagiolo a pisello di Colle di Tora” le
cose, forse, andarono diversamente, dal momento che esistono testimoniaze che effettivamente una persona di Colle di Tora andò in brasile a lavorare in una fazenda (voce portoghese con cui si indicano le grandi tenute agricole del Brasile), anzi addirittura questa persona fabbricò per sé stesso un’arma da taglio caratteristica del Brasile, un facaon, una sorta di machete artigianale, con impugnatura di osso e fodero di cuoio con puntale in sottile lamiera di ferro sul quale sono incise con un punteruolo le sue iniziali: M.R.
Tale persona, infatti, si chiamava Michele Ragaglini e tornò a Colle di Tora nei primi anni del secolo scorso, verosimilmente fu proprio lui a riportare dal Brasile i semi del fagiolo a pisello, ma il fatto che tale arma esista è la pura verità, racconta ancora il dott. Carrozzoni, dal momento che si trova nella sua casa in quanto regalatagli dal genero di Michele Ragaglini.
Comunque siano andate le cose, i nuovi fagioli si adattarono ben presto al clima di questa terra circondata dalle montagne, un ambiente del resto non molto dissimile da quello della loro probabile zona di provenienza.
Adattamento perfetto, se non fosse per quella loro caratteristica di fiorire così tardi, in piena estate, molto più tardi rispetto alle altre varietà.
Ma anche questa caratteristica è facilmente spiegabile: come si è già visto, alcune varietà locali di fagiolo della zona di origine sono particolarmente sensibili al fotoperiodo.
Probabilmente il paese in cui è stato raccolto questo primo lotto di seme si trova a basse latitudini, dove il giorno è breve tutto l’anno; per andare a fiore sono, quindi, abituati ad avere notti lunghe, che da noi cominciano a verificarsi solo dopo che è passato il solstizio d’estate, in agosto inoltrato. Questo è uno dei caratteri che limita la produttività di questo fagiolo: molti dei baccelli formati non riescono a maturare per il sopraggiungere del freddo.
Inoltre, nelle annate ad estati insopportabilmente calde, i primi fiori che si formano rischiano di morire per le alte temperature di agosto, che l’altitudine dei luoghi normalmente riesce a mitigare.
Qual è il vero fagiolo a pisello? Non è così facile dirlo. In realtà solo gli agricoltori che lo coltivano da generazioni lo sanno con certezza, e la questione è oggetto di accese discussioni fra gli stessi coltivatori della zona.
Secondo alcuni, i primi semi che arrivarono a Colle di Tora avevano una lieve macchiolina più scura a sporcare il bianco candido del seme, e la nuova popolazione bianca si sarebbe originata, non si sa se per mutazione o incrocio, da questo primo lotto di seme. Altri dicono che si trattava, in realtà, di un’altra antica varietà, ora scomparsa, che veniva chiamata “fagiolo dell’ape” (con la macchia intorno all’ilo: che fosse in realtà un fagiolo dall’occhio?).
Il problema della purezza della varietà è un cruccio che assilla molti produttori. Non è raro, infatti, che nel campo o nell’orto, in mezzo al “capanno” formato dai pali di sostegno, compaiano piante dalle caratteristiche diverse da quelle giudicate le vere caratteristiche del fagiolo a pisello: piante con le foglioline cuoriformi anziché a punta, o troppo a punta per essere a pisello, più produttive del solito o più precoci.
Ma è soprattutto la forma del baccello e del seme che mette l’agricoltore sull’avviso: il fagiolo a pisello ha un baccello non molto lungo, arcuato (“a mezzaluna”), con strozzature fra i semi e i loculi rigonfi ma non eccessivamente; il seme è tondeggiante ma non sferico, leggermente schiacciato ma
non troppo, non troncato alle estremità e di colore bianco candido, che non tende mai al nocciola. I tipi a seme e baccello diverso sembrano inquinamenti di altre varietà a seme bianco coltivate nella zona, che hanno invaso i campi di fagiolo a pisello probabilmente perché qualche seme estraneo ma simile è capitato inavvertitamente nel lotto destinato alla semina.
La possibilità che derivino da fecondazione incrociata ad opera dei molti insetti che visitano i fiori non è da escludere totalmente, sebbene per il fagiolo la quota di allogamia (fecondazione incrociata) come già visto sia molto bassa.
Gli “intrusi” più indesiderati sono semi della varietà “Bastardo o Bastardone Abruzzese”, dal seme bianco più schiacciato e dal baccello sottile, non arcuato e senza strozzature, e il “Carnaccia”, dalla colorazione del seme più scura, che tende verso il nocciola. Per la verità, vengono nominati “bastardi” (forse per il carattere spregiativo del nome) anche altri tipi non meglio identificati, dal seme rigonfio, quasi sferico e tronco alle estremità.
Per tutte queste forme molti agricoltori fanno una selezione rigidissima, spinti dall’attaccamento alla varietà tradizionale per come è stata loro tramandata dalle generazioni precedenti, quello che per loro è l’“ideotipo”, cioè il vero tipo, il tipo ideale di fagiolo a pisello, caratterizzato da elevata qualità.
All’interno di questo ideotipo altro carattere discriminante sembra siano le dimensioni del seme. Chiunque abbia la fortuna di mangiare un piatto di fagioli a pisello si accorge della variabilità per questo carattere, che è anche uno dei suoi più curiosi pregi.
Di fatto tutti sono concordi nel dire che esiste un sistema infallibile per riconoscerlo, la “prova del soffio”: cinque minuti prima della completa cottura si soffia sul seme, e se la buccia viene via non è il vero fagiolo a pisello.C’è chi dice che “quello vero” sia quello piccolo, chi dice che sia quello grande e chi dice che sono solo tipi diversi della stessa varietà.
In “quello vero”, infatti, la buccia, sottilissima, può fare delle increspature, ma rimane aderente al seme, e spesso sembra quasi non esserci. Senza contare che, forse proprio per l’estrema finezza della buccia, si cuoce in tempi rapidissimi: in mezz’ora di bollore lo “gnocchetto” è pronto, quando “gli altri” hanno appena superato metà cottura!
La maniera migliore per consumare il fagiolo a pisello consiste nel farlo lessare per ebollizione lenta in pentole strette, e condirlo poi semplicemente con olio DOP della Sabina, sale, pepe ed eventualmente aceto o limone: i condimenti troppo ricchi rischiano di mascherarne il sapore delicato.